Alla ricerca dell’acqua perduta

Convegno a Mesola sul rischio del cuneo salino - 29 June 2022

MESOLA – Un grido d’allarme relativo al pericoloso ingresso del cuneo salino verso la costa, ed ormai nell’entroterra, è stato lanciato da amministratori, tecnici ed esperti del settore durante il convegno “Il mare nel fiume” che si è tenuto nei giorni scorsi al Castello della Mesola, organizzato dal Consorzio di Bonifica Pianura di Ferrara in collaborazione con il Consorzio di Bonifica Delta del Po. Convegno, tra l’altro, anche contemporaneo alla grave siccità che attanaglia l’Italia in questo periodo. La risalita del cuneo salino, arrivato a 21 km nel territorio ferrarese, dal mare verso i fiumi e nelle falde attraverso il sottosuolo, in pratica crea “un galleggiamento” delle acque dolci sopra quelle salate, essendo queste ultime più dense, e comporta problemi per l’agricoltura e la biodiversità e di riflesso per le produzioni agricole e quindi anche economici. Ha aperto il convegno il Presidente della Provincia, Gianni Michele Padovani, che ha evidenziato come ci si trovi a fronteggiare una grave e prolungata siccità, dovuta ad un cambiamento climatico strutturale, che provoca la sofferenza dell’agricoltura e come si debba ripensare all’acqua come un bene limitato.

 

“Quando abbiamo iniziato a pensare al convegno – ha detto Stefano Calderoni, presidente del Consorzio di Bonifica Pianura di Ferrara – ormai diversi mesi fa, non avremmo mai pensato di trovarci nel bel mezzo di una delle più gravi siccità della storia recente. Oggi più che mai è necessaria, dunque, una riflessione su una situazione climatica che era prevista e della quale si deve fare carico la politica perché non riguarda solo il primario ma l’ambiente, l’economia, i cittadini e tutto il Paese. Il problema del cuneo salino potrebbe compromettere la nostra capacità produttiva in futuro. Per questo utilizzare i fondi del Pnrr già nel 2023 per creare un sistema di invasi che raccolga l’acqua dai grandi laghi per rilasciarla quando serve”.

 

“Noi siamo nel Delta e preleviamo acqua unicamente dal Po – ha affermato Adriano Tugnolo, presidente del Consorzio di Bonifica Delta del Po – ma la portata è troppo bassa e fatichiamo a garantirla. Negli scorsi anni l’emergenza cominciava a metà luglio, quest’anno a giugno c’è già. Per difenderci dal cuneo salino abbiamo delle barriere ma hanno 30 anni e non funzionano più così bene. L’acqua salata sta mettendo in difficoltà specialmente le risaie. Deve intervenire lo Stato per salvare il Delta con nuove barriere di difesa alla foce per fermare la risalita del cuneo”.

 

Per Francesco Cazzaro Presidente dell’ANBI Veneto (Associazione Nazionale Bonifiche Irrigazioni e Miglioramenti Fondiari, ndr) “l’aumento demografico richiede un aumento della produzione agricola e si deve mantenere l’acqua dolce nel territorio per farlo produrre”. Si è concentrato sui rischi per la biodiversità Giuseppe Bortone, Direttore Generale ARPA Emlia Romagna, per il quale “le acque di transizione sono fondamentali per la protezione della biodiversità e già si registra un declino della vegetazione acquatica ed un abbassamento sostanziale della portata idrica del Po: bisogna rispettare l’equilibrio tra mare e fiume”.

 

Di fronte a questa minaccia serve un forte intervento dello Stato, come ha spiegato Massimo Gargano, direttore Generale ANBI Nazionale che ha parlato di “guerra climatica” e “decrescita infelice”. Per Meuccio Borselli, Segretario Generale Autorità di Bacino Fiume Po, “devono prevalere i principi di cooperazione sussidiarietà tra le Regioni, non si può ragionare con l’autosufficienza idrica locale e non si possono aspettare i tempi della politica”.

E’ toccato quindi ai tecnici proporre delle soluzioni.

Per Micol Mastrocicco dell’Università della Campania si devono “creare dei bacini disperdenti, oltre che in montagna, anche nelle zone pianeggianti. La loro presenza aumenterebbe la quantità di acqua dolce nel Po e nei canali per garantire l’agricoltura e il benessere ambientale del territorio”. Sulla siccità si è invece concentrato Paolo Tarollo dell’Università di Padova che ha evidenziato l’aumento di frequenza degli eventi siccitosi e di come siano le superfici coltivate vicino al mare ad essere sotto maggiore stress.

 

Conclusioni affidate a Irene Priolo e Francesco Vincenzi. Per l’assessore all’Ambiente, Difesa del Suolo e della Costa e Protezione Civile della Regione Emilia-Romagna “la cabina di regia regionale ha avviato lo stato di emergenza regionale, ma pensiamo che su una siccità di questa portata che incide fortemente sulla risalita del cuneo salino, debba intervenire lo Stato e lo debba fare in maniera congiunta, coinvolgendo i diversi ministeri dell’Agricoltura, dell’Ambiente e della Transizione Ecologica. Gli invasi che abbiamo funzionano ma non servono a conservare e rilasciare tutta l’acqua necessaria. Servono, dunque, nuovi interventi e in campo ci sono 250 milioni di euro per il piano invasi ed i 355 milioni del Pnrr: dobbiamo usarli bene per realizzare progetti cantierabile e che sarà possibile portare a termine entro il 2026”.

 

Per il presidente Nazionale ANBI “occorre una legge, chiamiamola speciale o straordinaria, che metta in sicurezza il Bacino del Po perché diventi un’opportunità per il nostro Paese che deve accelerare sul Pnnr. Crediamo che la risposta continui a essere quella del 2017, quando siamo riusciti a rimettere sul piatto il piano invasi in Consiglio dei Ministri. Oggi lo riproponiamo pensando a un sistema di piccoli e medi laghi per trattenere tutta la pioggia possibile in maniera sostenibile”.

Lorenzo Gatti


CLICCA QUI per Condividere l'articolo su Facebook. Ci aiuterai a migliorare

condividi incontri su twitter CLICCA QUI per Condividere l'articolo su Twitter. Per darvi un servizio migliore.


© copyright 2012-2017, Il Mesolano